Il derby della Capitale. 90 minuti per essere padroni di Roma

20.09.2013 12:43

Il derby di Roma non è raccontabile. Non ha nulla a che fare con una partita di calcio, è un'altra cosa.
Ha quella solennità che hanno il Natale e la Pasqua, è la cosa più importante di tutte. È il giorno più importante di tutti. Quando esce il calendario ad agosto, si calcolano le vacanze, le ferie, i turni di lavoro.
Quello che rende speciale il derby della Capitale è tutto quello che c’è prima. Le prese in giro, gli sfottò, l’ansia. Ecco quest'ultima la senti, la percepisci, la vedi, te la raccontano. Quell’ansia mista a passione, una passione viscerale per i propri colori.
Poi ci stanno quei 90 minuti di pura sofferenza. Il cuore in gola, gesti scaramantici, preghiere. Un’intera città che prega, anche chi non crede in Dio in quei 90 minuti ci crede.
Stanno li, con il terrore di poter assistere ad una sconfitta, ad un gol degli avversari, a quel centesimo di secondo di silenzio prima del boato dell’altra curva, che sembra durare una vita, ad uno dei momenti più brutti che si possa vivere. E poi quel terrore improvvisamente sparisce, quando quella rete si gonfia, quando quel pallone lentamente supera la linea della porta. Impazziscono, si abbracciano, gridano, piangono, sventolano orgogliosi i propri colori. Amano tutti, ma soprattutto la loro maglia.
“dopo un gol uno uscì sul balcone gridando "padroni de Roma!". Cioè, questo, un autore Rai, è uscito da un ufficio di via Teulada, gridando nel vuoto padroni de Roma!”

Er derby de Roma è passione pura. Er derby de Roma è er più bello de tutti.

 

Agnese de la Ville